Il rapporto si basa sulle risposte fornite da 23 Stati (tra i quali non figura l’Italia) e mette in evidenza la presenza di discipline nazionali diverse fra loro, che si distinguono per il differente grado di protezione riconosciuto al whistleblower. Ė emerso che, mentre la maggior parte degli Stati ha adottato una disciplina specifica in materia, registrando tuttavia una differenza nella scelta di strumenti e dispositivi giuridici impiegati per raggiungere tale scopo, ve ne sono altri che continuano ad applicare ai whistleblowers le disposizioni di diritto penale previste per le vittime o i testimoni di reato.
Dieci intervistati hanno dichiarato di aver sviluppato nuovi sistemi o istituito nuovi organismi, mentre nove hanno riferito di aver esteso le competenze di quelli già esistenti o di aver adottato un approccio misto.
In particolare, i Paesi Bassi hanno creato nel 2016 un’autorità ad hoc per tutelare i whistleblowers, mentre l’Armenia ha istituito nel 2018 una nuova piattaforma di segnalazioni online gestita dalla Procura generale.
Altri, come l’Ucraina, la Georgia e la Repubblica di Moldova, hanno conferito nuovi poteri alle istituzioni esistenti. In Ucraina, per esempio, l’Ufficio nazionale anticorruzione (NACB) può ricevere segnalazioni anche anonime rivolte a individuare possibili sospettati di corruzione. L’Ucraina ha, in verità, anche apportato significative modifiche alle leggi nazionali in materia di diritto del lavoro, processo civile e penale, al fine di rafforzare la tutela del whistleblower e ha varato un disegno di legge per creare un portale unico e sicuro per le segnalazioni.
Quanto all’impatto della raccomandazione CM/Rec(2014)7 all’interno delle legislazioni nazionali, il documento riporta che quattordici intervistati hanno riferito di aver introdotto forme di protezione dei whistleblowers o di aver esaminato ovvero modificato la disciplina esistente. Nove di questi paesi hanno dichiarato specificamente che la raccomandazione CM/Rec(2014)7 ha consentito di sviluppare in maniera più efficace la propria normativa nazionale (Belgio, Croazia, Francia, Georgia, Lettonia, Repubblica di Moldova, Lituania, Paesi Bassi, Svezia, Ucraina) e due hanno affermato che i quadri normativi già esistenti soddisfano i principi della raccomandazione CM/Rec(2014)7 (Francia e il Regno Unito). Due hanno affermato di aver utilizzato la raccomandazione CM/Rec(2014)7 per bozze di proposte legislative (Repubblica Ceca e Monaco), non ancora adottate, e due (Lussemburgo e Paesi Bassi) hanno sottolineato che la Direttiva UE del 2019 (Direttiva (UE) 2019/1937 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione) si basa sui principi della Raccomandazione CM/Rec(2014)7. Dei sette che hanno detto di non avere, o di non aver ancora introdotto, leggi dedicate alla protezione dei whistleblowers, quattro stanno per recepire la Direttiva UE 2019.
Il rapporto passa anche in rassegna l’evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di protezione del whistleblower e discute i cambiamenti apportati dopo la decisione del caso Guja v. Moldova. In particolare, sottolinea l’importanza del riconoscimento di uno standard di ragionevole affidamento sulla veridicità delle informazioni riferite dal segnalante, piuttosto che ricorrere a sottoporre il whistleblower ad un “test” sulla propria buona fede, prima di consentirgli l’accesso alle tutele previste dalla legge. Altri cambiamenti sono evidenti e individuabili in strumenti giuridici e multilaterali come la Direttiva UE 2019 e la Raccomandazione Anticorruzione.
Il rapporto analizza anche il lavoro svolto a livello regionale in seno al Consiglio d’Europa e all’Unione Europea, nonché, a livello internazionale, dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), dalle Nazioni Unite, nonchè dalle norme ISO, alla luce dei principi di della Raccomandazione CM/Rec(2014)7. Il rapporto si conclude delineando una serie di questioni che il CDCJ si propone di esaminare ulteriormente.
Gli Stati intervistati hanno avanzato suggerimenti sulle aree che il CDCJ potrebbe approfondire, che riguardano:
- la cooperazione tra le autorità e il coordinamento a livello normativo in Europa (Lussemburgo);
- l’importanza e l’impatto della Raccomandazione CM/Rec(2014)7 nelle legislazioni nazionali (Francia);
- l’efficacia pratica delle tutele (Georgia);
- quadri istituzionali e normativi, norme giudiziarie, nonché guide operative (Repubblica di Moldova e Romania);
- misure amministrative che aumentano la fiducia e la comunicazione all’interno del sistema, tra cui sostegno misure di sociale e psicologico, che, è stato sottolineato, sono spesso sviluppate da organizzazioni della società civile (Serbia).
Dal documento emerge, dunque, che negli ultimi anni sono stati compiuti importanti passi in avanti rispetto alla tutela dei whistleblowers, sebbene le legislazioni nazionali non siano ancora del tutto armonizzate fra loro. In particolare, in ambito UE si registra che diversi stati non hanno ancora attuato la direttiva del 2019 sulla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. Inoltre, la Raccomandazione CM/Rec(2014)7 risulta essere molto utile per gli Stati per avere una guida più dettagliata.
A tal fine, nel documento è evidenziato che si dovrebbe prendere in considerazione l’aggiornamento della Raccomandazione CM/Rec (2014)7 e del memorandum esplicativo, al fine di garantire che sia completo e aggiornato. Questo aggiornamento potrebbe consistere in:
- Ulteriori nuovi principi nel testo della Raccomandazione su (i) formazione specifica per professionisti (giudici, pubblici ministeri); (ii) accesso gratuito alla consulenza legale e supporto psicologico agli informatori segnalanti; (iii) sanzioni e incentivi per i datori di lavoro.
- Fornire ulteriori informazioni e indicazioni nella relazione esplicativa su (i) l’ambito di applicazione soggettivo e oggettivo della Raccomandazione (Principi 1-4) alla luce della recente giurisprudenza della CEDU, anche su specifici aspetti quali la sicurezza nazionale (principio 5) e il segreto professionale (principio 6); (ii) sulla tutela dell’interesse pubblico (principi 13 e 14); e (iii) sulle valutazioni periodiche sull’efficacia dei quadri nazionale (principio 29).