La Suprema Corte nella sentenza n. 3935 del 27 Gennaio del 2017 ha ribadito che il reato presupposto a quello di riciclaggio, al pari di quello di intestazione fittizia (volta ad agevolare il riciclaggio) non deve essere giudizialmente accertato e la sua prova può scaturire anche da elementi logici. Inoltre, nella medesima sentenza, la stessa ha esaminato il rapporto fra il reato di Autoriciclaggio e quello di intestazione fittizia ad un terzo dei proventi derivanti dal reato presupposto evidenziando che le rispettive condotte si pongono su piani differenti. In particolare, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la condotta di autoriciclaggio non presuppone e non implica che l'autore di essa ponga in essere anche un trasferimento fittizio ad un terzo dei cespiti rivenienti dal reato presupposto. In conclusione la Suprema Corte ha affermato che “è evidente che le due violazioni della legge penale si pongono anche in momenti cronologicamente distinti, di nuovo a dimostrazione della loro diversità, che non consente assorbimenti: l'autore del reato presupposto, prima, compie l'operazione di interposizione fittizia che, poi, darà luogo a quella di autoriciclaggio, senza la quale la condotta sarebbe punibile solo per il reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies”.